Coreano: variante della Corea del Nord e del Sud

Parlato da circa ottanta milioni di persone, l’hangugeo (o chosŏnmal) è la lingua ufficiale sia della Corea del Nord che della Corea del Sud. Tuttavia, dopo quasi ottant’anni di separazione, si sono sviluppate differenze significative tra le due varianti parlate dai venti milioni di abitanti della Repubblica Popolare Democratica di Corea (RPDC) e dai quarantadue milioni della Repubblica di Corea (ROK). Le differenze risiedono principalmente negli accenti e nell’intonazione, ma anche in termini di vocabolario: la variante di Seoul utilizza termini adottati dall’inglese, mentre la versione di Pyongyang evita questa pratica.

  • La variante di Seoul è diffusa nella Corea del Sud, in particolare nelle regioni di Kyongsang, Chungcheong, Cholla e dell’isola di Cheju;
  • la variante di Pyongyang è diffusa nella Corea del Nord con le varianti regionali di Hamkyong, Pyongan e Hwanghae.

Il coreano nel mondo

Al di fuori della Corea, il coreano è una lingua minoritaria dello Jilin, una provincia della Cina. Poco più a nord del Giappone, viene parlato dai coreani di Sakhalin, che vivono sull’isola russa omonima, e dalle comunità etniche Koryo-saram, costituite da circa mezzo milione di persone di etnia coreana residenti negli stati dell’ex Unione Sovietica, principalmente negli stati ora indipendenti dell’ex CSI (come Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan), nonché nei dintorni di Volgograd, Vladivostok e nel sud dell’Ucraina. Le origini di queste comunità risalgono ai coreani vissuti nella Russia orientale verso la fine del XIX secolo.

Il numero di parlanti di etnia coreana è ancora maggiore negli USA (più di 900.000 secondo il censimento del 2000), con comunità fiorenti su entrambe le coste. Gruppi più ridotti sono presenti in paesi come Guam, Paraguay, Singapore e Thailandia.

Origini della lingua coreana

Appartenente alla famiglia delle lingue altaiche, diffuse nell’Asia del Nord, il coreano presenta caratteristiche che lo accomunano a giapponese, mongolo, turco e alle lingue tunguse della Siberia. Alcuni studiosi sono propensi ad aggiungere alle sue radici anche le lingue uraliche (come ungaro e finlandese). Probabilmente per via dell’influenza del commercio e delle migrazioni, alcune teorie lo ricollegano perfino alle lingue austronesiane o alle lingue dravidiche parlate nel sud dell’India.

Fu solo nel XV secolo che il coreano emerse così come lo conosciamo oggi, dopo un ininterrotto flusso di unificazioni che si protrasse dal VI al XIV secolo. Tuttavia, l’antenato di questa lingua isolata è ancora avvolto nel mistero, offuscato da secoli di scontri con i suoi ben più forti vicini, Giappone e Cina.

Influenza del cinese sul coreano

Nonostante l’appartenenza a una famiglia linguistica diversa, il cinese ha influenzato fortemente il coreano. Ciò nonostante, quest’ultimo è riuscito a trovare la propria strada tornando alla ribalta nel XVI secolo, dopo lo sviluppo di un sistema di scrittura innovativo nel 1443: l’hangul.

Si trattò di uno dei risultati di maggior rilievo di Sejong il Grande (1397 – 1450), forse il più illustre fra i regnanti della dinastia Yi, rimasta al potere per oltre 500 anni (1392–1910). Un documento scritto risalente al 1446 e scoperto solo nel 1940 spiega che le vocali dell’hangul si basano sui principi dell’armonia, yin e yang.

Ciò nonostante, l’influenza del cinese è comunque evidente, con circa la metà dei termini del lessico coreano derivanti da parole cinesi. Molti abitanti della Corea del Sud affrontano tale dicotomia linguistica con un approccio ibrido, scrivendo in caratteri cinesi le parole derivate da tale lingua e utilizzando l’hangul per i termini coreani.

Nonostante tutti questi incroci linguistici, la sintassi del coreano è molto diversa da quella del cinese e le due lingue sono facili da distinguere quando le si sente parlare. Grazie a un’ondata di nazionalismo coreano, l’hangul (termine coniato nel 1912 dal linguista Ju Si-Gyeong) smise di essere utilizzato esclusivamente per poesie e racconti, facendo la prima comparsa nella documentazione ufficiale nel 1894.

Influenza giapponese sulla cultura coreana

Dopo le battaglie contro la Cina per il controllo della penisola coreana (1894–1895), l’impero giapponese si espanse con l’annessione della Corea nel 1910. Desideroso di rinsaldare la presa su questo nuovo territorio, nella prima metà del XX secolo l’impero giapponese fece tutto il possibile per sopprimere la cultura, la letteratura e la lingua coreane.

Di fatto, fu solo nel 1952 che il Giappone rinunciò ufficialmente alle proprie mire sulla Corea, con la firma del Trattato di San Francisco. L’intero paese rimase sotto stretto controllo del Giappone fino al 1945, al termine della Seconda Guerra Mondiale.

Con il senno di poi giunto nel 2020, ora tutto il mondo è a conoscenza del fatto che le truppe russe e americane si riversarono nella penisola coreana appena liberata portando alla divisione in due nazioni.

L’hangul è facile da imparare?

Secondo una celebre descrizione dell’hangul e dei suoi caratteri eleganti diffusa in Corea del Sud, “un saggio riuscirebbe a impararli in una mattinata, uno sciocco in dieci giorni”. In Corea del Nord l’alfabeto coreano viene chiamato chosongul.

Entrambi si caratterizzano per sistemi di scrittura i cui caratteri imitano forme di articolazione e caratteristiche fonetiche quando li si pronuncia. Di fatto, hangul significa semplicemente “alfabeto coreano”, combinando il simbolo che significa grande (han 한) alla parola che significa scrittura (gul 글).

Classificato come uno degli alfabeti creati in modo più scientifico al mondo, l’hangul è composto da 24 lettere:

  • dieci vocali: ㅏ ㅑ ㅓ ㅕ ㅗ ㅛ ㅜ ㅠ e
  • quattordici consonanti: ㄱ ㄴ ㄷ ㄹ ㅁ ㅂ ㅅ ㅇ ㅈ ㅊ ㅋ ㅌ ㅍ ㅎ.

Parlare coreano

Per mantenersi al passo nel mondo moderno, caratterizzato da un sempre maggior livellamento sociale e dall’espansione della classe media, numerosi coreani hanno ridotto il numero di formulazioni specifiche per gerarchia utilizzate nelle comunicazioni quotidiane, ma c’è ancora molta strada da fare. Ciò è particolarmente evidente per i verbi, nei quali numerose forme riflettono lo stato comparativo di chi parla: socialmente inferiore, pari o superiore.

Decidere quali di esse utilizzare (e in quali occasioni) è una scelta particolarmente importante e delicata per i dirigenti aziendali. Analogamente alla difficoltosa scelta tra dare del tu o utilizzare forme di cortesia (tipica delle lingue romanze), dimostrare il giusto livello di rispetto in una gerarchia sociale così stratificata può fare la differenza tra un affare andato in porto e uno saltato.

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Immagine di csk da Pixabay.